dalle note interne del progetto iniziale
“Nel Salone delle mostre del Museo Doria troverà ospitalità un labirinto, rinchiuso in un quadrato di m 13 di lato, i cui moduli faranno da quinta all’esposizione.
A partire dalla raffigurazione delle immagini dell’erbario della Dickinson, il discorso si allargherà da una parte alla descrizione scientifica delle piante – istituendosi quindi come dispiegato e avvincente ‘manuale di botanica’ a grandezza d’uomo – dall’altra alle più varie implicazioni poetiche e culturali connesse alle piante stesse.
L’installazione: a ‘tecnica mista’; dagli episodi a più forte vocazione spettacolare (holoscreen), alle didascalie su veli e vetri infrangibili; riproduzioni in cera delle piante, LCD, diapositive, monitor, proiezioni, riflessi, inganni, vetri fotografati, specchi e riflessi di specchi, in una trasparente serra artistica, un ‘mirror maze’, un labirinto delle meraviglie: un hortus conclusus in definitiva, in cui ci si lasci guidare, come una Beatrice nel Paradiso dantesco, dal profondo e vitale canto di Emily Dickinson.
L’atmosfera generale: suggestiva. Un acquario onirico, ipnotico, cerebrale, con flussi di elettricità neuronale, ronzii d’ape, brezze, profumi insistenti e reali, fiori-minialtoparlanti a cui tendere l’orecchio, immagini come fantasmi.
IL LABIRINTO
Alcuni temi di approfondimento
Dentro la poesia
Un labirinto che è anche un libro. Fisicamente ospiti della poesia.
Il perimetro esterno (50m lineari) accoglierà, fra le altre cose (immagini, proiezioni video, scritte) la raccolta completa delle poesie di Emily Dickinson, in inglese. Dalla prima all’ultima, in ordine, con la stessa leggibilità delle edizioni attualmente in commercio.
Il labirinto come percorso
L’installazione prevede uno sviluppo di oltre duecento metri; 221, per l’esattezza. Il percorso è idealmente guidato dal nobilitarsi, dall’illuminarsi del paesaggio intorno al visitatore: i pannelli – la scenografia del viaggio – vanno svanendo in un progressivo alleggerirsi dei materiali, e allargarsi della visuale.
Dall’opacità alla trasparenza, dai colori scuri dei primi settori ai chiari degli ultimi, più prossimi all’uscita; dai pannelli rigidi alle stoffe, dalle garze agli specchi, dai vetri agli schermi; dalle riproduzioni più ‘materiche’ dei primi meandri alle proiezioni sempre più ‘virtuali’ ed eteree degli ultimi: il labirinto nel suo ultimo quadrante diventa sempre più leggero, trasparente, proiettato; dall’informazione dell’inizio alla spettacolarità della fine.
In conclusione, percorrere il labirinto vorrà dire andare in parallelo dall’oscurità alla chiarezza, dall’opacità alla trasparenza, dalla materia alla luce; dall’informazione alla visione, dal ragionamento alla contemplazione.
Iconograficamente, da una prevalenza di riproduzioni di fiori dell’erbario di E. Dickinson alla vivacità di immagini di fiori vivi. Un cammino verso la rinascita.
Inoltre si intrecceranno, in forma di didascalia alle immagini, quattro percorsi interni, con riferimento al quadrivio fondamentale alla base di questa mostra, vale a dire poesia, scienza, Dickinson e botanica:
Percorso A – Emily Dickinson (in ocra). L’erbario; l’opera poetica più specificatamente dedicata alla natura; la sua vita, la critica.
Percorso B – La Botanica (in verde). L’informazione scientifica. Un vero e proprio Corso di botanica a grandezza d’uomo.
Percorso C – Il discorso artistico-culturale: le piante nella poesia, nell’arte figurativa, nella storia, nella cultura (in nero). Dalla pittura alla letteratura, dal linguaggio dei fiori alla simbologia mistica, dalla mitologia alla storia della coltivazione.
Percorso D – I rapporti fra Scienza e Poesia (in corsivo nero). Due ordini di informazioni: come si è espresso il pensiero filosofico sul tema – per citazioni; e i momenti della storia in cui la scienza si è espressa attraverso gli strumenti della poesia (Presocratici, Lucrezio, il medioevo, le filastrocche di apprendimento etc.)
Le sensazioni: profumi, suoni, immagini:
Nei microambienti creatisi nel labirinto sentiremo essenze floreali, suoni della natura, video originali.
Il labirinto in sé
Al suo interno una sezione sarà dedicata alla forma ‘labirinto’ in sé, alla sua presenza nella simbologia di ogni tempo: da Creta a Chartres, dal misticismo a Borges. Prevista anche un’area dedicata alla visualizzazione delle aree del cervello interessate dal discorso scientifico e da quello artistico: il labirinto come metafora del cervello è infatti un immagine frequente nella letteratura neurofisiologica.
Il labirinto come gioco
In conclusione: lo scopo del labirinto è di dare un valore di ‘esperienza’ a un atto di comunicazione, sia essa artistica o informativa; e il labirinto è sempre stato di per sé un’esperienza anche ludica – così praticata nelle fiere, nelle sagre e nei luna park.
In questo senso l’installazione mantiene in ogni momento, spesso anzi accentuandola spettacolarmente, la sorprendente fisionomia del cosiddetto ‘mirror maze’: Il Labirinto delle Meraviglie”.