I pannelli
Cuore della mostra era la serie di ‘pannelli’.
Idealmente votati a coprire nel tempo tutte le specie riprodotte nell’erbario, a questo stadio valevano solo da avvio. Ricordiamoci che la struttura esibitiva rappresentava una ‘casa in costruzione’ nel suo sorgere, un ‘work in progress’, un’opera di edificazione – per una volta, fuor di metafora.
Il fine ultimo dei pannelli – e quindi della mostra intera – era di accendere la sensibilità al gioco simultaneo delle due principali vocazioni della nostra tradizione: quella scientifica e quella ‘immaginativa’ (letteraria, intuitiva, artistica…).
Il tutto disposto (nella grafica un po’ elementare dovuta ai tempi strettissimi di consegna delle riproduzioni in arrivo da Harvard) su un asse che distingue sulla sinistra la parte scientifica (fra una definizione botanica in alto e una di carattere più generale in basso) e la parte letteraria sulla destra. Il senso orario della lettura ha un punto di partenza logico (e di ricerca) da una poesia di Emily Dickinson, più o meno immediatamente riferibile a un fiore disseccato del suo erbario (raccolta che quindi prende valore un po’ mistico di ‘anticipo’, rispetto alla sua stessa produzione poetica), per proseguire con qualche citazione letteraria, ospitata nell’ultimo quadrante in basso, a destra. Ma naturalmente l’ordine di lettura, e quindi di programmazione (in senso informatico) di un immaginario, è in realtà ‘aperto’.
Nota: la divisione fra emisfero destro e sinistro come sedi di queste due vocazioni è in realtà un’icona, non un fatto scientifico. La categoria che qui così improvvisiamo, usando un termine già destinato a molte altre concettualizzazioni, resta momentaneamente nelle nostre intenzioni a identificare quell’area intermedia fra formalizzazione e discorso disimpegnato che vive per la pubblicistica e nella divulgazione. Categoria, quest’ultima, che in Italia forse non è stata ancora adeguatamente processata; o almeno, non quanto nel mondo anglosassone.
Si parla, tornando a parlare di questa divisione, di Split-Brain. Questa definizione, che allude, ripetiamo, a una ipotizzata ripartizione fra un emisfero destro dedicato all’arte e uno sinistro vocato alla razionalità (definizione che procede spesso in coppia con quell’altra, usualmente associatavi, dell’antitesi cartesiana fra corpo e mente) sembra destinata a quell’area epistemologicamente ‘scivolosa’ del reportage scientifico occasionale. Il che non vuol dire giocoforza superficiale, ma certamente a rischio. La prima trova probabilmente origine in certi resoconti giornalistici dell’opera di Roger W. Sperry*. La seconda, ancor più fragile a sentire gli storici della filosofia, ha avuto grande diffusione grazie al successo del libro di Antonio Damasio** sull’argomento (o meglio, che da questo argomento ha preso mosse e titolo).
Forse non siamo così rigidamente ripartiti come si fa dire a Sperry***; e di certo Descartes non era inconsapevole del problema del ‘corpo-mente’****, come si decreta a volte con disinvoltura. Lo diciamo coscienti del rischio di cadere nel vuoto intermedio delle più banalizzanti accezioni dell’olismo, altra categoria di moda e in sospetto di abuso. Il tragitto da Scienza a comunicazione non formalizzata è infatti un percorso non lineare, di cui non basterà forse essere solo un po’ più consapevoli per disinnescarne le superficialità più fuorvianti. E chissà se, quasi ennesima (e un po’ borgesiana) reincarnazione di quella copia di copia che tanto preoccupava il Filosofo, la critica non si potrebbe fare più sostanziale, e funzionare da criterio per tutto l’operare dell’informazione contemporanea.
Si ammette qui insomma, tornando al particolare, e forse con eccesso di puntigliosità, che la ripartizione (in ‘quadranti’, in ‘assi’…) dei pannelli è solo pretestuosa. E’ l’approssimazione consapevole di un risultato scientifico parziale (come del resto ogni risultato scientifico, per definizione), risalente un determinato momento della riflessione sulla materia; momento forse superato, ma non per questo meno necessario. Un mito di passaggio. L’invito allora è a guardare oltre, a quel mito (“The myth“, la chiamavano infatti confidenzialmente i suoi concittadini, ad Amherst), al contrario, sempre più solido: a Emily Dickinson intendiamo, rimasta intatta alle ‘nostre’ (e ‘loro’*****) avances; alla Botanica, antica e ultimamente rivitalizzatasi disciplina; e infine, magari, al desiderio di raffinare un poco gli strumenti della nostra ‘rilevazione automatica del mondo’ attraverso questa sperimentale mise en espace dell’Erbario di E.D. di cui si dà qui traccia.
p.s. Nei pannelli l’immagine fotografica del fiore fresco corrisponde in tutta evidenza a quello della relativa specie ‘secca’ (“Spina secca” e “Spina fiorita”; “Fiori freschi e fiori secchi”; “Natura viva e Natura morta”: ci sarebbe spazio per ragionare, non senza un qualche vantaggio, anche su queste coppie semantiche). Non tutti i nomi delle specie sono ancora riportati; così come le edizioni delle citazioni: nella mostra erano ospitati in un raccoglitore a parte (un po’ come si fa con i ‘libri degli ingredienti’…). Qui, visto il carattere confidenziale del sito, si è reputato superfluo. Comunque, qualcosa si farà, col tempo. A margine, quasi in abito di ‘disclaimer’: la mostra-spettacolo non nacque per iniziativa personale; mi/ci fu richiesta personalmente da Vittorio Bo, per codice edizioni e festivalscienza di Genova. E costò un anno di preparazione.
Ancora. Il primo e l’ultimo pensiero è sempre andato alla preoccupazione di non prendere possesso di Emily Dickinson, di non approfittarne, di non ‘farne profitto’. Pochi poeti come lei vivono di un rapporto diretto con i propri lettori. L’idea di disturbare in qualche modo la profondità di questo dialogo, per qualcuno assai importante, ci è fastidiosa. Film, serie e spettacoli su di lei risultano infatti quasi sempre irritanti, notoriamente, per disinvoltura e superficialità. Se così risultasse anche in questo caso, ci si voglia un po’ perdonare, in virtù se non altro di questa intenzione.
*https://www.nobelprize.org/prizes/medicine/1981/sperry/facts/
**Antonio Damasio: Descartes’ Error: Emotion, Reason, and the Human Brain, Putnam Publishing, 1994
***https://doi.org/10.1371/journal.pone.0071275 e https://www.inc.com/jessica-stillman/left-brained-v-right-brained-people-is-a-total-myt.html
****http://www.atquerivista.it/wp/wp-content/uploads/pdf/atque_16ns_10.pdf
*****https://yalebooks.yale.edu/book/9780300043969/sexual-personae